“La montura che mi donò il duce a scuola fu un regalo per nulla gradito a mio padre che, senza esitazioni, lo fece restituire alla maestra, inizialmente piansi, poi capii le sue ragioni e le portai avanti per tutta la vita”.
L’armadio dei ricordi di Rosanna Tacci, con la quale il Sindaco e la comunità sancascianese ieri l’altro hanno celebrato la Festa della Liberazione, continua ad aprirsi e rivelare drammatici episodi e dettagli del suo difficile percorso di bambina infelice, testimone diretta della guerra e degli orrori nazifascisti che subirono lei e la sua famiglia originaria di San Casciano in Val di Pesa.
Rosanna era figlia dell’antifascista artigiano Dante Tacci (1896-1989), l’uomo che per i suoi ideali di libertà, uguaglianza e per l’attività non violenta, condotta clandestinamente attraverso la scrittura e la diffusione di volantini, locandine e giornali che si opponevano convintamente al regime, fu perseguitato, torturato, condannato e carcerato dagli squadristi fascisti.
A 88 anni l’ex insegnante di San Casciano racconta e condivide altri momenti della tragica esperienza che fin dai primi passi la rese vittima di torture e vessazioni morali e fisiche.
Dalle sue memorie, espresse con una forte potenza evocativa, affiora ancora il dolore mai spento di una bambina discriminata, terrorizzata, priva di giochi e relazioni sociali, costretta a vivere da reclusa nel ventennio fascista in continua tensione per la paura di perdere i genitori ed in particolare il padre che stimava sin da bambina.
“Ogni giorno vivevo con il terrore che qualcuno bussasse alla porta di casa, in via Roma, accanto alla Casa del Fascio, oggi il Teatro comunale Niccolini, e di fronte al Palazzo Del Bravo dove risiedevano le famiglie ebree Modigliani e Sternfeld, cancellate poi dalla Shoa, ogni giorno tremavo all’idea che qualcuno mi potesse portar via il babbo, vigilato speciale, dopo che già mi avevano rubato l’infanzia, la spensieratezza di cui non ho mai potuto godere e gioire”.
Sono alcune delle parole che Rosanna ha condiviso ieri sera con il pubblico, circa duecento persone assiepate nella sala del Cinema Everest di San Casciano, in occasione della prima proiezione del film sulla sua storia “A casa nostra c’era la libertà”, realizzato dalla regista Carolina Mancini e prodotto da Anpi XXV luglio Mercatale Val di Pesa, con il contributo del Comune di San Casciano in Val di Pesa.
“Al posto del buongiorno, a scuola, si doveva alzare la mano e dire “viva il duce” - racconta - nella scuola e nei pubblici uffici c’era il cartello “qui si saluta romanamente, alle ore 10 veniva accesa Radio Balilla, bisognava essere sempre essere pronti a conoscere gli inni che ci insegnavano perché era stata introdotta una nuova materia, l’educazione fascista, e ogni sabato occorreva avere la montura per partecipare al sabato fascista. Io non avevo la montura, avevo il grembiule bianco e mi sentivo diversa, mi trattavano come un’appestata”.
“Piansi disperatamente, quando mio padre – riprende - chiese a mia madre di riportare la montura a scuola, quella che all’epoca consideravo l’unica speranza di avvicinarmi ai miei coetanei senza essere rifiutata con lo sguardo e farmi sentire uguale agli altri, non comprendevo la scelta del babbo che mi voleva sola…ma poi capii, lui che viveva più in carcere, alle Murate, che a casa, condannato e arrestato più volte, torturato dai fascisti con l’olio di ricino e altri crudeli espedienti. Come avrebbe mai potuto accettare un regalo da Mussolini per sua figlia? Sarebbe stato come tradire se stesso, uomo della Resistenza, e gli ideali di libertà e democrazia in cui credeva con tutto l’impeto antifascista che lo animava, mi diceva ‘lo faccio proprio per te, cara Rosanna, perché tu un giorno possa sentirti viva, indipendente, affrancata dalla schiavitù della dittatura. Aveva ragione. Cominciai a sentirmi così il 25 aprile 1945”.
Alla serata che si è conclusa con un applauso scrosciante per il film e i suoi protagonisti hanno preso parte, tra gli altri, la regista Carolina Mancini, Paolo Marini di Anpi XXV luglio Mercatale e il sindaco di San Casciano in Val di Pesa.
Dante Tacci, antifascista, fu condannato a tre anni di carcere dal Tribunale Speciale Fascista, interamente scontati, sorvegliato speciale, partigiano nella Guerra di Liberazione.